E' con vivo piacere che abbiamo ricevuto il saggio di Alcide Scarabino “La federazione mondiale” dato alle stampe da Tab edizioni nell'aprile del 2024.
Siamo sempre onorati di raccogliere libri di riflessione ad opera di intellettuali che propongono l'europeismo come valore fondante dell'agire socio-politico e, nel caso di Alcide Scarabino, esistenziale. E' l'autore stesso, nell'introduzione al testo che Vi proponiamo, a specificare che il testo è frutto di trenta anni di militanza nel movimento fondato da Altiero Spinelli. Si tratta di un contributo che, come denota il sottotitolo “Oltre Spinelli”, opera una rivisitazione del federalismo giunto a Noi dai testi e dalla testimonianza politica del grande europeista italiano e del filone di pensiero che Spinelli arricchisce anche in Europa di pratica politica nel secondo dopoguerra e di maestria parlamentare negli anni successivi. Un libro questo di Scarabino colto, lungamente meditato e accuratamente presentato all'attenzione di lettori appassionati di integrazione europea e curiosi di comprendere come una avanguardia di pensiero sulla federazione mondiale abbia riferimenti culturali cosi antichi e rilevanti, pur negli anni bui che viviamo e che non ci distolgono dall'impegno di far vivere i popoli nella pace e nella concordia.
Antonio De Chiara
Scarabino introduce il suo libro così e scrive "Storicamente, il pensiero federalista è sorto nell’ambito della filosofia illuminista e da allora si è concentrato sugli aspetti istituzionali: in pratica, come convincere degli stati sovrani, considerati delle sovrastrutture fomentatrici di nazionalismo, a rinunciare a una parte sostanziale dei loro poteri per cederli a un superiore soggetto federale che li unisca, dando quasi per scontato il consenso popolare a questa operazione, in quanto sempre meno manipolato dagli stati stessi. Poiché questo modo di ragionare, alla luce dell’esperienza storica, ci appare molto ingenuo, in questo libro noi capovolgiamo il punto di vista e ci chiediamo quali siano le condizioni, sociali e politiche, che possano indebolire (o rafforzare) i sentimenti nazionalisti. In altre parole, cerchiamo d’individuare le premesse che, dal basso, possano creare consenso al federalismo, conferendogli quindi una sostanza e una solidità ben maggiore.
Non del tutto soddisfatti nemmeno da questa soluzione, abbiamo voluto fare un passo ulteriore, utilizzando concetti e contributi di altre discipline, normalmente ignorate dal pensiero federalista tradizionale. Ci riferiamo in particolare alle neuroscienze e alla genetica, ma soprattutto all’etologia.
Nelle pagine che seguono presentiamo il risultato di trent’anni di lavoro e quasi altrettanti di militanza federalista."
Preziosa è la sintesi che ritroviamo nella sinossi che integralmente vi proponiamo: "Un mondo sempre più integrato dall’economia e dalla tecnologia ha visto invece un continuo aumento nel numero degli stati sovrani, che ha reso più problematico il governo della globalizzazione e quindi più pressante la necessità di una risposta federalista, intesa come unico possibile superamento di tale divario.
Tuttavia, la matrice illuminista del pensiero federalista, da Kant a Spinelli, lo ha confinato all’ambito istituzionale, sottovalutando il problema del consenso dal basso, o addirittura dandolo per scontato, riducendo così spesso il federalismo a ingegneria istituzionale. L’ambito federalista è ricco di intellettuali, attentissimi alle mosse dei vertici politici, ma con scarsissima capacità di influenzarli perché privi di un vero seguito popolare. Generali senza esercito che ambiscono a proporsi come “consiglieri del principe”.
Questo saggio passa brevemente in rassegna il pensiero federalista per evidenziarne le debolezze e le ingenuità che spesso lo rendono astratto e ne spiegano lo scarso seguito, per poi cercare di individuare le condizioni sociali ed economiche che possono favorirne (od ostacolarne) il consenso: il benessere materiale, la giustizia sociale e il senso di sicurezza esistenziale. A queste tematiche è dedicata la prima parte del libro.
La seconda parte, però, sempre sulla base della convinzione che l’ideale federalista debba soprattutto aspirare all’unione dei popoli e non solo degli stati, fa un passo ulteriore, questa volta in una direzione pre-politica: il bene e il male non sono solo due concetti filosofici, ma modi di pensare e di comportarsi antitetici nelle loro forme estreme, che affondano le loro radici nel patrimonio genetico e nel cervello, ancora in gran parte sconosciuti. Il federalismo, nella sua aspirazione finale a unire il mondo intero, richiede necessariamente la transizione da una struttura istintuale umana più distruttiva a una più costruttiva, o “biofila”. Passando in rassegna a livello mondiale alcuni comportamenti comparati in base al genere, e facendo tesoro anche dei contributi di una giovane scienza come l’etologia - in particolare dell’etologia umana e dei primati - individuiamo delle costanti che ci permettono di concludere che le donne, a causa del loro maggiore investimento parentale e grazie al processo emancipativo che ha confermato vecchie diversità ed evidenziato altre nuove, sono essenziali per creare un mondo più giusto e più pacifico, presupposto indispensabile per orientarlo nella giusta direzione, che è quello della maggiore integrazione mondiale cioè, detto semplicemente, del maggiore buon senso."