La Germania ha chiuso sabato 15 aprile le ultime tre centrali nucleari attive nel Paese.
Si tratta degli impianti Isar 2 in Baviera, Emsland nella Bassa Sassonia e Neckarwestheim, nel Baden Wuerttemberg.
Dopo una prima decisione di Berlino all'inizio degli anni Duemila di abbandonare gradualmente il nucleare, fu la cancelliera Angela Merkel ad accelerare il processo dopo il disastro di Fukushima nel 2011 e a dichiarare che le centrali sarebbero state chiuse entro il 2022. Dal 2003, la Germania ha già chiuso ben 16 reattori.
Il Paese più economicamente solido e avido di energia per le sue industrie, rinuncia così definitivamente a una fonte energetica presente per oltre 60 anni sul suo territorio (il primo reattore commerciale fu inaugurato a Kahl, in Baviera, nel novembre del 1960).
Come noto, la scadenza è stata posticipata dal governo Scholz per non aggravare la crisi energetica, legata all'accesso e all'aumento dei prezzi dell'energia, innescata dalla guerra in Ucraina. Particolarmente soddisfatta, la componente dei Verdi nel governo: "I rischi associati all'energia nucleare sono decisamente incontrollabili", ha dichiarato il ministro dell'Ambiente, Steffi Lemke, esponente di spicco dei Grunen tedeschi.
Di parere opposto Bijan Djir-Sarai, segretario generale del partito liberale Fdp, anch'esso al governo: "Si tratta di un errore strategico in un contesto geopolitico ancora teso".
Il Paese resta comunuque ancora alle prese con il problema di dove stoccare le scorie.
Nel primo trimestre del 2023, il nucleare ha garantito il 4% del fabbisogno di elettricità del Paese. Le rinnovabili in crescita hanno contribuito per il 51% mentre il 28% arriva ancora dal carbone.
Gli ambientalisti hanno significativamente salutato la rinuncia all'energia nucleare con presidi nei pressi delle ultime tre centrali nucleari disattivate.
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