Silvana Paruolo – IL FUTURO DELL’UNIONE EUROPEA - Ambasciatore Risi*, comincerei con una domanda sull’Unione Europea, inserita nell’attuale contesto geopolitico caratterizzato da guerre
(innanzitutto tra Ucraina-Russia, e tra Israele-Palestinesi nel Medio Oriente) dall’ascesa di BRICS-Sud globale, e dal ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca. Quale è il suo stato di salute?
Cosimo Risi - L’Unione europea brancola nel buio Fitto. Mi viene facile il gioco di parole. Trovo infatti surreale, per non usare aggettivi brutali, che il mondo s’infiamma attorno a noi mentre noi stiamo a discutere della personalità dei Commissari. A sei mesi dalle elezioni europee e per mere
ragioni di schieramento.
Silvana Paruolo - Trump (sostenuto anche da Musk che di recente si è meritato il “l’Italia sa badare a se stessa” del presidente Mattarella) - sovranista, protezionista, anti-multilateralista e negazionista – non ama i suoi alleati europei. Promette dazi (anche per gli europei) e guerre commerciali anche con la Cina (con cui la stessa UE ha un negoziato sulle auto elettriche, per definire o un prezzo minimo o ulteriori dazi): con tutto ciò che questo comporterà anche per le imprese e lavoratori, europei. Probabilmente non uscirà dalla NATO, ma chiederà un ulteriore incremento del fatidico 2% a carico di ciascun paese. Minaccia di uscire, di nuovo, dall’Accordo di Parigi sulla lotta ai cambiamenti climatici. Parla di deportazioni e nuovi muri. Ecc. Cosa c’è da aspettarsi?
Cosimo Risi - Donald Trump interpreta il sentimento di destra dell’elettorato che l’ha voluto a larga maggioranza. I cui umori sono diffusi anche in Europa, si veda il crescere dei sovranisti. Che poi l’Amministrazione americana sia così coriacea come dalle dichiarazioni di alcuni suoi esponenti, è da vedere. In generale la prassi induce ad un comportamento meno flamboyant. Sospendiamo doverosamente il giudizio. Vorrei così dare una nota di minore pessimismo. I balzelli commerciali sono un’arma a doppio taglio, finiscono per danneggiare anche chi li introduce. Non si dimentichi che la Cina è fervida acquirente del debito pubblico americano.
Silvana Paruolo - Intanto - in un contesto di crisi del multilateralismo e di instabilità internazionale - il sedicesimo vertice BRICS a Kazan ha ufficializzato l'ingresso di nuovi membri - Egitto, Emirati Arabi Uniti (EAU), Etiopia e Iran - e ha rilanciato l'idea di un'alternativa all'ordine mondiale
occidentale. Istituzione intergovernativa - di cui fanno parte i Paesi fondatori (Brasile, Russia, India e Cina) cui nel tempo si sono aggiunti Sudafrica e altri paesi - il gruppo delle economie emergenti raccoglie paesi per lo più estranei alla tradizione democratica (sistemi a partito unico come la Cina, monarchie assolute come gli EAU, teocrazie come l’Iran, paesi in guerra come la Russia ecc.). I BRICS si propongono (tra altro) la de-dollarizzazione dell’economia mondiale, e lo sviluppo di istituti alternativi per la finanza e il commercio internazionali. Essendo stata invitata a farlo -
aderendo ad uno spazio politico e soprattutto geoeconomico ancorato al grande progetto infrastrutturale e commerciale cinese della Belt and Road – anche la Turchia, il più importante attore nel fianco sud dell’Alleanza atlantica, ha ora deciso di entrare nel raggruppamento dei Brics.
Cosimo Risi - I BRICS riproducono a distanza di anni il Movimento dei non allineati. Solo che, a differenza di quelli, il novello agglomerato di paesi comprende anche chi allora non era affatto allineato. Si pensi soltanto alla Russia. Il fenomeno va valutato con attenzione, anzitutto sul piano
del metodo. L’Occidente non è più solo al mondo. La Russia ambisce al ruolo che ritiene spettarle per ragioni storiche e territoriali, la Cina insegue gli Stati Uniti sul piano economico, l’India supera la Cina in popolazione. Eccetera. Dobbiamo fare i conti con la nuova realtà, consapevoli comunque che il fronte BRICS non è uniforme e che divergenze intestine possono far impallidire l’apparente consenso che ora li caratterizza.
Silvana Paruolo - Discendente del Movimento dei non allineati (che durante la guerra fredda si posizionava fra l’Est e l’Ovest) ed erede diretto del Terzo mondo, “il Sud globale – come ben precisato da Maurizio Molinari - si è imposto sotto i riflettori con una vasta e disomogenea
coalizione di Paesi di Africa, Asia e America latina che da fine febbraio 2022 all’Onu si astengono sulle sanzioni internazionali alla Russia per l’invasione dell’Ucraina. Da quel momento India Brasile Argentina Indonesia Messico Nigeria Pakistan Sudafrica e molte altre nazioni si sono
ritrovate nel Gruppo77, nato all’ONU nel 1964 per raccogliere i 77 Paesi allora non allineati che conta oggi ben 130 adesioni ovvero una somma di nazioni che rappresenta la maggioranza della popolazione e del Pil del pianeta. Seppur assai diversi tra loro, questi paesi condividono la volontà
di far emergere un nuovo ordine multipolare dove i loro interessi economici e strategici vengano ascoltati e compresi. E non più considerati semplici “pedine”nel gran gioco fra le superpotenze del nostro tempo, Washington e Pechino”. Quanto pesa la loro disomegeneità?
Cosimo Risi - A questa domanda ho già risposto in precedenza. Aggiungo solo che la Cina è molto attiva sul piano diplomatico, meno su quello militare. Certo, fa la faccia feroce a Taiwan, ma almeno per ora si limita a quella. Per quanto ancora?
Silvana Paruolo - A livello Ue, nel novembre 2024, i leader europei si sono riuniti a Budapest per discutere e adottare l’annunciato Patto per la competitività europea, assunto sulla base del Rapporto sul futuro della competitività europea di Mario Draghi - e per dare seguito anche alle indicazioni contenute nel rapporto di Enrico Letta sul mercato unico "Much more than a market” – affermando che “dette relazioni costituiscono una solida base per portare avanti in modo ambizioso il nostro lavoro”. Il Patto integra la prospettiva dei nuovi Orientamenti politici 2024-2029 di Ursula von der Leyen oltre all’Agenda strategica 2024-2029 del Consiglio dell’Unione europea. Nella Dichiarazione di Budapest Charles Michel è riuscito a salvare una frase per non chiudere definitivamente alla possibilità di strumenti di debito comune: “esploreremo lo sviluppo di nuovi
strumenti”. Intanto, Ursula von der Leyen, continua ad esprimersi solo a favore di risorse proprie e di contributi nazionali (le risorse tradizionali del bilancio dell’Ue). Che fare?
Cosimo Risi - Il favore che circonda il Rapporto Draghi desta qualche sospetto di piaggeria. Il Rapporto è sapiente e lungimirante. Ha il “torto” di indicare una via d’uscita allo stallo europeo che cozza con le sensibilità di alcuni stati membri. Dei frugali perché vagheggia il ritorno al debito
comune. Dei sovranisti perché auspica ulteriori cessioni di sovranità. Ma il suo vero “torto” sta nel fatto che Draghi non ha alcun ruolo esecutivo in ambito europeo. E dunque l’applicazione del Rapporto andrebbe devoluta a soggetti diversi dall’autore.
Ancora mi chiedo perché Macron propose Draghi – prematuramente – alla presidenza della Commissione per poi acconciarsi al bis di Ursula von der Leyen. Draghi non voleva l’incarico?
L’Italia non lo voleva perché avrebbe bruciato il candidato governativo? Se potessi, girerei la sua domanda al Presidente francese.
L’Unione deve darsi una mossa, per dirla in linguaggio colloquiale. O riscopre le ragioni dello stare insieme per rafforzare i legami interni e fare fronte comune all’esterno. O si condanna al ruolo ancillare del padrone di turno. Passi per Washington, cui siamo abituati da ottanta anni. Ma
per altri proprio no, tradiremmo la nostra storia, non solo le nostre ambizioni. I settori su cui intervenire sono così noti che neppure li accenno. Concludo che la riscoperta dell’interesse nazionale va a detrimento dell’interesse europeo.
Silvana Paruolo – MEDIO ORIENTE - Facendo leva sulla sua triplice esperienza di diplomatico, di studioso e di narratore con il suo libro “Terre e guerre di Israele Sette anni di cronache mediorientali” ha scattato una foto che (tra l’altro) evidenzia come il confronto coinvolge – oltre che
Israeliani e Palestinesi - tanti attori, che a loro volta spesso hanno più di una faccia. Da parte loro, le Linee guida von der Leyen 2024-2029 sottolineano che “l’L’Europa deve anche svolgere un ruolo attivo in Medio Oriente, con nuovi sforzi diplomatici per garantire una soluzione giusta e globale al conflitto in corso a Gaza rappresentata dalla soluzione dei due Stati. Ciò dovrebbe far parte di una più ampia strategia globale Ue-Medio Oriente in vista del “giorno dopo” la guerra a Gaza”.
Posso chiederle se e cosa cambierà - per il conflitto Israle-Palestinesi - con la vittoria di Trump negli USA? L’Unione europea cosa può e/o dovrebbe fare? E l’Italia?
Cosimo Risi - Dichiarare che l’Unione europea deve svolgere un ruolo attivo in Medio Oriente rientra nella politica declaratoria cara agli Europei. L’Europa attende di prendere posizione sul conflitto per capire cosa hanno in mente gli Americani. Che sono insieme attori e sceneggiatori del
film. Il regista è Benjamin Netanyahu. Se esistesse un Premio Oscar per le relazioni internazionali il Premier lo meriterebbe. Sta guidando Israele fuori dalla terribile crisi di ottobre 2023 facendo giustizia di tutti i nemici. I vicini come Hamas e Hezbollah, i lontani come Houthi e Iraniani.
L’Italia non ha un ruolo specifico da giocare se non quello di cercare di influenzare il corso europeo, nella consapevolezza che sarebbe comunque poco rilevante. Tutti attendono gli sviluppi a Washington. Il nuovo cast di Trump, per restare al paragone con il cinema, corrobora la forza di
Netanyahu. Fra evangelisti cristiani e sostenitori dell’unicità dello Stato di Israele spetterà ai Palestinesi ed agli Arabi che li sostengono di trovare una onorevole exit strategy.
Silvana Paruolo – MEDITERRANEO E AFRICA – Come precisato da più analisti – e anche da un recente libro Maurizio Molinari - il Mediterraneo è conteso perché le grandi potenze Russia Cina e USA ne hanno bisogno. Inoltre diventa “la cartina tornasole di un fenomeno nuovo: l’affermazione
di potenze regionali (Turchia, Arabia Saudita, Israele, Egitto e Iran) dotate di sufficienti risorse per difendere i propri interessi nazionali restando in equilibrio fra i grandi rivali globali”.
Il Mediterraneo è esplicitamente citato anche dalle Linee guida Von der Leyen 2024-2029. Viene prevista la nomina di un Commissario per il Mediterraneo e l’adozione del nuovo Patto per il Mediterraneo per promuovere partenariati. E - nel contesto dello sviluppo di relazioni strategiche in materia di migrazione e sicurezza con i Paesi extra-Ue, in particolare con i Paesi di origine e di transito - viene annunciata anche - allo scopo - l’adozione di un nuovo Patto per il Mediterraneo.
Von der Leyen indica anche la necessità di una nuova politica estera economica adatta alla realtà odierna, basata sui tre assi della sicurezza economica, del commercio e degli investimenti nelle partnership. Tra altro, cita l’iniziativa di cooperazione europea Global Gateway. E annuncia
una nuova agenda strategica Ue-India, il rafforzamento della cooperazione con l’Asean, oltre a un nuovo slancio nel nostro partenariato con l’Africa. Lei, ambasciatore, di Mediterraneo si occupa da tempo, e in più ruoli. Ne è quindi un vero conoscitore. Cosa non ha funzionato nelle diverse
strategie UE che si sono succedute nel corso degli anni? L’approccio securitario - e la scelta dell’esternalizzazione per far fronte ai flussi di migranti – rischiano di essere miopi; e di mettere la cooperazione per un vero sviluppo locale (che sarebbe la vera soluzione!) in secondo piano? Cosa pensa di quanto proposto dalla Linee guida von der Leyen? E cosa auspicherebbe?
Cosimo Risi – Il Mediterraneo è mare di scorribande. Fin troppo facile smentire il vecchio detto del Mare Nostrum. Pur essendo un lago, il Mediterraneo è aperto alle influenze di potenze terze. Siamo
abituati alla presenza americana. Anzi, paventiamo che diminuisca perché Washington guarda all’Indopacifico. Conviviamo con Turchia, Russia, Emirati Arabi Uniti. Dovremmo fare autocritica, ma sarebbe ormai tardiva, circa il nostro atteggiamento verso la Libia. Quando l’allora Primo
Ministro ci chiese di intervenire, noi esitammo in attesa di capire cosa avrebbero fatto gli Americani. Poiché quelli traccheggiavano, noi restammo fermi. Nelle relazioni internazionali il vuoto non esiste, lo spazio da noi potenzialmente occupato fu di fatto riempito da potenze terze. Lo
scenario è cambiato e dovremo convivere con la nuova situazione di fatto.
Silvana Paruolo – ALLARGAMENTO DELL’UE - Nelle Linee guida von der Leyen si legge di “riforme dei trattati, ove necessario in collegamento anche con la prospettiva dell’allargamento definito come catalizzatore di progressi in termini di capacità di azione, politiche e programmi di spesa”. In questo contesto si annuncia che nei primi 100 giorni saranno presentate revisioni politiche pre-allargamento, concentrate su settori specifici in ordine al quale presentare proposte per migliorare la capacità di azione dell’Europa”. Posso chiederle cosa pensa di un’Ue che passerebbe da 27 a 34 membri? E’ proponibile un’Ue a più velocità?
Cosimo Risi - L’Unione funziona già a varie velocità. Il tabù del tutti insieme o nessuno avanti è caduto clamorosamente con l’introduzione dell’euro. Gli esempi sono destinati a moltiplicarsi, e non è detto che sia un male in vista dell’allargamento.
Silvana Paruolo – E L’UCRAINA?
Cosimo Risi - Sull’Ucraina girerei rispettosamente la domanda al Presidente eletto. Sin dalla campagna elettorale Donald Trump dichiarava di avere le idee chiare. Ne sapremo di più all’insediamento.
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*Laureato in Scienze Politiche all’Università di Napoli Federico II, è in carriera diplomatica fino al 2016. Copre vari incarichi alla Rappresentanza permanente d’Italia presso l’Unione Europea, a Bruxelles. Da ultimo è Ambasciatore e Rappresentante permanente presso la Conferenza del Disarmo a Ginevra e Ambasciatore presso la Confederazione Elvetica e il Principato di Lichtenstein, a Berna. Insegna Relazioni internazionali al Diploma Alti Studi Europei presso il Collegio Europeo di Parma e Politiche europee per la ricerca e l’innovazione presso l’Università di Napoli Federico II. Professore ospite in vari atenei, è Commendatore al merito della Repubblica italiana e commentatore di affari esteri per varie testate.