Come si evince dalla presentazione del libro di Sylvie Goulard "Grande da morire" edito dal Mulino, nella collana Voci, 2025, è giunto il momento di porsi domande molto più profonde su cos'è l'Unione europea e su ciò che dovrebbe diventare. I leader europei hanno deciso: l'Ucraina, la Moldavia, la Georgia e tutti i paesi dei Balcani occidentali entreranno nell'Unione europea. Le buone argomentazioni non mancano ma, di fronte a Putin determinato a distruggere tutto ciò che rappresenta, l'UE non ha margine di errore, soprattutto dopo l'elezione di Donald Trump alla Casa Bianca. Tuttavia il processo è stato avviato senza un piano preciso né un accordo sugli elementi essenziali. Lungi dal rafforzare l'UE, questa decisione potrebbe ostacolarne l'azione, privandola al tempo stesso della sua efficacia. È una corsa a capofitto mentre l'Europa non ha ancora una politica estera, una difesa unificata, un bilancio degno di questo nome. Inoltre, questi leader non hanno imparato nulla dall'illusione turca vent'anni fa o dalla Brexit? In Europa nulla è mai scontato, soprattutto quando il nazionalismo ritorna prepotente. Non è più il momento di fingere che l'unione fa la forza senza prima occuparsi di creare unità.
Il libro, con la prefazione di Romano Prodi, ha il pregio di sottoporre ai lettori proprio quegli interrogativi scomodi che forse neanche i nostri rappresentanti politici si pongono più, dando il processo di allargamento per scontato, primo tra tutti il rischio che un'Europa a 36 o 37 perda lo slancio progettuale e si impantani nei processi decisionali e burocratici che già mostrano adesso la propria debolezza (come il voto all'unanimità) e rendono necessaria una urgente riforma dei trattati.
Come sostiene Romano Prodi nella sua introduzione, "Sono molto numerose le pagine di questo libro che segnalano le grandi difficoltà che accompagnano il processo di ingresso di nuovi paesi nell’Unione, ma nessuna parola richiama sentimenti di egoismo o di esclusione. La tesi che illumina ogni pagina di questo volume ci dice semplicemente che se vogliamo finalmente iniziare un processo per disegnare i confini dell’Europa, non solo validi e accettati per il presente, ma anche per il futuro, dobbiamo rafforzare l’Unione all’interno della nostra Europa, in modo che abbia la capacità di assimilare nuovi membri accrescendo nello stesso tempo lo slancio verso l’integrazione".
Ecco uno dei passaggi più significativi del testo:
"Che cosa stiamo allargando, se posso permettermi? Un’Europa-comunità, che riconosce dei diritti ai cittadini, difende dei valori, organizza la solidarietà al di là delle frontiere, è destinata a dotarsi di risorse diplomatiche e militari proprie, così come è provvista di una moneta unica? Oppure un’Europa -mercato, utile alle imprese, più commerciale che politica, con ambizioni limitate? O, ancora, un’Europa-miraggio di cui oggi spesso ci accontentiamo, composta dalla giustapposizione di egoismi nazionali, priva di un proprio budget, ostacolata dal veto e dalla pusillanimità, la cui politica estera, trent’anni dopo Maastricht, è coordinata a stento, e la cui difesa è un ammasso disordinato di risorse nazionali? Dubito fortemente che questo tipo di Europa faccia molta impressione a Putin o a Trump. In ogni caso, queste scelte non sono banali, poiché determinano il nostro futuro."
Noi di Europolitiche auspichiamo che si riprenda seriamente il dibattito sull'allargamento, considerandolo di estrema attualità, e si faccia una riflessione politica seria sui tre criteri di valutazione, noti come criteri di Copenaghen, stabiliti in occasione del Consiglio europeo di Copenaghen nel 1993 e rafforzati in sede del Consiglio europeo di Madrid nel 1995. Ovvero la presenza di istituzioni stabili a garanzia della democrazia, dello Stato di diritto, dei diritti umani, del rispetto e della tutela delle minoranze; un’economia di mercato affidabile e la capacità di far fronte alle forze del mercato e alla pressione concorrenziale all’interno dell’Unione; la capacità di accettare gli obblighi derivanti dall’adesione, tra cui la capacità di attuare efficacemente le regole, le norme e le politiche che costituiscono il corpo del diritto dell’Unione (l’acquis), nonché l’adesione agli obiettivi dell’unione politica, economica e monetaria.
Pur desiderando vedere un'Europa metaforicamente non solo Unita ma anche "riunificata" dopo la crisi del conflitto che ha coinvolto la regione Balcanica negli '90 e quello più recente dell'Ucraina, un'Europa finalmente armonizzata nelle sue politiche, vogliamo scongiurare il rischio che essa si limiti a trasformarsi in un ente sovranazionale intergovernativo che ambisce ad aumentare il proprio peso politico nello scenario globale, ma rimane privo di una capacità di azione concreta e di un riconoscimento di autorevolezza istituzionale, svuotato dei propri poteri perché diluiti nella vastità dei nuovi confini. Occorre non solo una riforma dei trattati ma soprattutto una riforma istituzionale nella direzione federale suggerita dai padri fondatori, e dal Manifesto di Ventotene, il progetto degli Stati Uniti d'Europa, ormai irrinunciabile e non più procrastinabile. Per questi motivi suggeriamo la lettura di questo libro, sintetico quanto provocatorio, utile strumento di analisi e di dibattito.
lL'autrice del libro: Sylvie Goulard è stata deputata al Parlamento europeo e consigliera di Romano Prodi, allora presidente della Commissione europea, dal 2001 al 2004. Ex ministro delle Forze Armate e vice governatore della Banca di Francia è autrice di una decina di saggi tra cui, con Mario Monti, "La Democrazia in Europa" (Rizzoli, 2012) e "L’Europe pour les nuls" (Prix du livre européen, 2009); già Presidente del Movimento Federalista Europeo Francese, è oggi professor of practice all’Università Bocconi e presidente dell’Istituto franco-tedesco di Ludwigsburg (Germania).
La recensione è a cura di Giusy Rossi, Ambasciatrice Erasmus per @europolitiche.it