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La guerra in Europa : voci dal Mediterraneo. Intervista al professor Massimo Veltri

10-03-2022 21:44

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Europolitiche, Macro/Scenari, Cultura politica, Russia , Massimo Veltri, Patrizia Gallo, Guerra in Europa, Guerra in Ucraina, invasione russa , Putin ,

La guerra in Europa : voci dal Mediterraneo. Intervista al professor Massimo Veltri

L'intervista sulla guerra in Ucraina al Professor Massimo Veltri, già ordinario all'Università della Calabri

LA GUERRA IN EUROPA : VOCI DAL MEDITERRANEO

 

Intervista sulla guerra in Ucraina al Professor Massimo Veltri, già ordinario all'Università della Calabria

 

A cura di Patrizia Gallo 

 

Presentazione della redazione. In un portale che ha come mission di condividere, dall'Italia, esperienze d conoscenza e di analisi di politica europea, assume una specifica ed originale rilevanza lo sguardo e la voce di intellettuali che hanno vissuto all’insegna di una costante testimonianza civile in regioni a vocazione mediterranea. Una nostra Senior Consultant, Patrizia Gallo, sin dagli anni dell’università ha operato per allargare le vedute italiane ad una prospettiva più aperta alle tematiche d’interdipendenza con quelle mediterranee e proprio nei giorni in cui stava preparando una disamina dell’impatto di politici e politiche europee sullo scenario libico, si è ritrovata a dialogare con Massimo Veltri, accademico calabrese e intellettuale meridionale di primo piano, su una guerra, per molti improvvisa e per tanti inevitabile da anni, ai confini dell’Unione Europea. L’invasione russa dell’Ucraina coinvolge l’Unione, impegnata invano con i suoi leader nazionali ad evitarla. L’opinione pubblica europea rivive atterrita, modalità novecentesche d’invasione sui media collegati in presa diretta con gli eventi. Si annunciano milioni di profughi verso l’Unione, siti nucleari a rischio nella nazione invasa e una guerra guerreggiata con migliaia e migliaia di morti sul campo.

 

L'intervista 

 

Professor Veltri, Esordisco con una domanda che tutti gli europeisti che hanno a cuore il fronte orientale dell’Unione si staranno ponendo in questo momento. Con intenti dissuasivi, il fronte euroatlantico sta infliggendo severe sanzioni economiche alla Russia che ha intrapreso l’invasione militare ai danni dell’Ucraina. L’argine occidentale alla aggressiva iniziativa del Presidente russo Putin dovrebbe anche prevedere azioni e strumenti ostili che circoscrivano l’effetto all’indebolimento della leadership del Cremlino?

E come, attraverso operazioni di intelligence sorrette da mirate azioni militari circoscritte a obiettivi da individuare? Difficile pensare di essere a cospetto di scenari riconducibili a quelli mediorientali che hanno sortito qualche effetto o teatri della seconda guerra mondiale. Capisco che lo strumento delle sanzioni sposta assi di mercato in direzione dell’estremo oriente oltre a poter sortire effetti negativi anche nei confronti di più di un paese europeo. Creare un progressivo e diversificato isolamento russo con il tentativo di sensibilizzare l’opinione pubblica più attenta, può fornire risultati se pur parziali, ma in alternativa non c’è che la guerra guerreggiata.

 

Sparuti gruppi di cittadini russi protestano contro la guerra nelle strade e piazze dei maggiori centri del Paese, mettendo a rischio la propria incolumità e sicurezza. Ha anche Lei l’impressione che non ci siano margini per un fronte interno capace di fare massa critica ostile al Governo?

Come dicevo sopra il dissenso interno è bene alimentarlo, seppure io credo rimanga a livello di nicchie per quanto non per forza di cose anguste. La storia della Russia ci trasmette un forte sentimento che porta il popolo a stringersi attorno, dietro, un grande capo che interpreti grandezza e potenza di genti e etnie diverse sotto un progetto di imperialismo.

 

Il presidente russo Putin accredita una narrativa neoimperiale che considera l’Ucraina una Repubblica da recuperare all’influenza e ad uno spazio di interposizione geopolitica con l’Unione europea. Una narrazione che in Ucraina appare specularmente ribaltata. Il Cremlino ha sottovalutato la resistenza di un popolo che, laddove non russofono, rifiuta fino al sacrificio di migliaia di caduti, la perdita di sovranità statuale?

Per certo il blitz krieg non ha dato i frutti sperati. Il momento in cui Putin ha scatenato l’offensiva coincide con quelli in cui il Coronavirus ha fiaccato psicologie, forze e risorse di ogni tipo in Occidente (ma in Russia quale decorso ha avuto e sta avendo?): è da pensare perciò che pensasse di poter approfittare di ‘distrazioni’ e ‘benevolenze’ in modo che il progetto di porsi come polo alternativo a quello capitalistico occidentale risultasse facilmente vincente. Non sono da trascurare l’atteggiamento della Cina né il comparto delle risorse naturali esistenti in Ucraina ma la valutazione più accreditabile è da ritenere faccia capo essenzialmente a questioni geopolitiche. Troppo presto e infondatamente l’Occidente ha dato per vincente il modello unico, ha creduto che la globalizzazione e il mercato potessero fungere da strumento di pace e di autoregolamentazione di dinamiche complesse e bisognose di ben altri interventi. Un Occidente, è bene non dimenticare, in cui UE e USA non si muovono in sincronia e la stessa UE tarda nel darsi politiche comuni su più di un fronte.

 

Si ha la sensazione che l’invasione da terra non sia agevole nei suoi esiti come previsto da Mosca, con la resistenza ucraina organizzata con mezzi di fortuna ma efficaci. La fine del sogno di una armata russa imbattibile?

Qualcuno per la verità ha rispolverato miti, infondati, secondo i quali chiunque abbia mai pensato di combattere la Russia ne sia poi uscito sonoramente sconfitto dimenticando, per esempio, il precedente dell’episodio bellico con il Giappone nel 1904-1905. Ma è preferibile non inoltrarsi nell’argomento visto gli attacchi alle centrali nucleari e le minacce di catastrofi ‘inimmaginabili’.

 

Gli attacchi aerei sulla popolazione ucraina inerme o su obiettivi sensibili come ospedali e abitazioni civili hanno creato sconcerto nella comunità internazionale, montando un sentimento avverso a Putin. Possibile sia stato tanto ingenuo da non considerarlo?

Si ha più di una sensazione, anche alla luce delle notizie recenti che riportano di attacchi nei confronti di ucraini in fuoriuscita durante la tregua, di una personalità molto disturbata, per cui evocare tristi figuri che la storia ci ha consegnato potrebbe essere né sbagliato né fuori luogo. Penso piuttosto che il sentimento pacifista e neutrale di una parte della sinistra italiana come più volte verificatosi in passato possa essere non solo uno sterile esercizio retorico ma il frutto di un riflesso antiatlantico mai sopito unito alla nostalgia di un modello comunista anacronistico quanto già denunciato decenni fa da un leader molto amato ma nei fatti dimenticato qual è Enrico Berlinguer.

 

La Russia agisce per allontanare prospettive di magnifiche sorti progressive d'inclusione dell’Ucraina sia nell'Unione che nella Nato. Intravede opzioni negoziali che riescano a scongiurare l’escalation belligerante tra Mosca e Kiev?

Anche qui si avverte impaccio, ritardo, impreparazione da parte del blocco occidentale, che Blocco non si è dimostrato affatto, sottovalutando posizioni, minacce, incancrenirsi di situazioni che non era detto dovessero, si riteneva, sfociare nella belligeranza armata, e d’altronde Putin continua a mostrarsi non ricettivo di proposte e mediazioni che non siano in asse con le sue richieste ultimative.

Dicevo prima dello stallo che ha vanificato il blitz krieg. È da capire in che misura sarà possibile imbastire un tavolo di pace che offra a Putin condizioni che gli consentano di non uscirne umiliato così da ri-considerare mire espansionistiche grazie a politiche di finlandizzazione volte a investire in zone cuscinetto più o meno estese.

 

Nonostante la dinamicità e gli sforzi della Presidenza francese dell’Ue, convincere Putin a desistere appare complicato se non improbabile. Quali scenari dobbiamo presumibilmente aspettarci nei prossimi giorni?

Credo che le ultime disponibilità offerte dalla Santa Sede a proporsi come intermediario nel processo di pace costituiscano un modo serio e forte, stante i sostanziali fallimenti di Francia e Israele, e, certamente, i deterrenti economici così come le esclusioni di attività sociali, sportive, culturali, che giorno dopo giorno stanno interessando tutti i campi della vita associata non vanno trascurati. Con un rischio, però: quello di non creare una bestia ferita che è capace di tutto, anche delle mosse più inconsulte e irreversibili

 

Patrizia Gallo @europolitiche 


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