Si è tenuta a Firenze venerdì 29 Settembre all'Istituto Universitario Europeo (EUI) la tavola rotonda "Il destino comune delle Pubbliche Amministrazioni in Europa" promossa dalla School of Transnational Governance dell'EUI e dalla Fondazione Next Generation EuroPA. Questa Fondazione è nata proprio con l'obiettivo di promuovere le politiche Europee nella Pubblica Amministrazione e l'occasione è stata preziosa per ribadire gli obiettivi di questo nuovo ente. Il Presidente, Marcello Ralli, ha sottolineato l'importanza dello scambio e dei gemellaggi e di un'Europa in cui finalmente la burocrazia sia a servizio della democrazia e non viceversa. Alla base di questo lavoro ha continuato il giornalista Francesco Selvi, Vicepresidente, c'è la sfida etica di ricreare fiducia verso le Istituzioni e accorciare la distanza con i cittadini. A questo scopo ha ricordato che a Firenze ci sono gli Archivi dell'Unione Europea con i documenti originali dei Trattati quindi ha invitato tutti i presenti a farne occasione di consapevolezza per visitarli, citando l'ex-Presidente del Parlamento Sassoli quando diceva che "l'Europa è un modo per stare meglio al mondo". La Fondazione si occupa principalmente di formazione e in particolare organizza una Summer School per amministratori che è stata chiamata Forum Civica e si tiene a Camaldoli ogni primavera.
Di particolare interesse l'intervento di Marco Buti, ospite d'onore, docente della cattedra Padoa Schioppa all'Istituto Europeo dopo aver lavorato per trent'anni alla Commissione Europea. Il suo discorso è spaziato sulle ultime due crisi che abbiamo vissuto, la crisi finanziaria e quella pandemica. Buti le ha vissute entrambe quando si trovava a Bruxelles e può testimoniare la differenza di come si è comportata l'Unione Europea: nella prima ognuno ha agito per sé preoccupandosi del proprio Paese, ma nella seconda l'Unione europea ha fatto un vero e proprio salto di qualità. Con il Next Generation Eu e i suoi 800 mld, l'Unione Europea ha dato per la prima volta una risposta sistemica con un meccanismo di solidarietà. Si è cercato di cambiare il modus operandi, di cogliere l'occasione per un cambio strutturale. In questo quadro in Europa è necessaria una riforma della pubblica amministrazione perché la taglia delle risorse è ingente e la scadenza per la spesa è imminente, il 2026. Con il Pnrr si cambia approccio, da input based verso un approccio output based ovvero non più basato sulle tranche di spesa corrente a stati di avanzamento (un po' come coi fondi strutturali) ma basato sul raggiungimento dei risultati, di opere realizzate. Per stare al passo di questa sfida europea che riguarda in primo luogo la Pubblica Amministrazione occorrono tre cose: 1. è necessario un manuale delle procedure per rimuovere gli ostacoli naturali che emergono nei processi; 2. Occorre una maggiore ownership a livello nazionale, un coordinamento orizzontale di esperienze tra pari, tra amministrazioni; 3. per un buon esito del lavoro con la pubblica amministrazione che fa un lavoro decentrato sul territorio è necessario avviare processi partecipati e far emergere le domande giuste più che le risposte.
La parola chiave, come hanno sottolineato anche altri intervenuti, è la partecipazione, elemento dinamico, la democrazia partecipativa. A questo scopo la professoressa Nicoletta Parisi ha segnalato che iniziano ad esserci esperimenti di monitoraggio civico della spesa pubblica, come l'iniziativa Libenter, nata dal Gruppo Abele in collaborazione con Università Cattolica di Milano e la Fondazione Banca Etica nata per controllare il corretto utilizzo dei fondi del Pnrr.
Ha concluso i lavori Claudio Radaelli Direttore della School of Transnational Governance sottolineando i quattro punti fondamentali per la riforma della PA: 1. supportare le competenze dei dirigenti che possono essere considerati dei "superoeroi" per quanto gli è richiesto in termini di conoscenza e di procedure; 2. studi empirici su come funziona la pa, perché è un sistema policentrico ed è molto importante è il tema del controllo e degli incentivi; 3. è una sfida etica, che va vissuta ponendo l'accento sull'empowerment più che sul rischio di corruzione,
Dobbiamo cambiare passo per innovare. Noi abbiamo l'ossessione per il controllo invece di pensare in termini di accountability. Forse ci vorrebbe più umiltà come valore perché tu classe dirigente hai in mano un asset della società (Gli appalti equivalgono al 18% del PIL) quindi passare dai manuali alle buone pratiche, studiare cosa funziona bene. E infine c'è una domanda filosofica che dobbiamo farci perché c'è differenza tra pensare in termini di problemi e in termini di mistero: si deve proprio cambiare filosofia. La rivoluzione digitale ci impone questo passaggio, non basta più il problem solving ci vogliono nuove soluzioni perché le domande e le sfide comuni sono radicalmente nuove.
dalla nostra inviata
Giusy Rossi @europolitiche.it