Nel corso degli ultimi anni la Commissione europea ha promosso numerose iniziative coerenti con le finalità e i valori della Agenda 2030, approvata nella Nazioni Unite nel settembre del 2015. Con l’avvio della Commissione presieduta da Ursula von der Leyen, l’Agenda 2030 è divenuta centrale nell’azione politica dell’Unione europea (UE). Le iniziative di Bruxelles sono di ampio respiro e di grande impatto, come il Green Deal europeo. D’altra parte, è evidente che la crisi determinata dalla pandemia da COVID-19 ha inciso profondamente sulle politiche europee e nazionali, anche se la Commissione e il Consiglio europeo hanno confermato la necessità di realizzare azioni orientate alle priorità di medio termine stabilite prima dello scoppio della pandemia.
A latere di un importante convegno, svoltosi sul tema Agenda 2030, come idee e opportunità per rigenerare il campo progressista europeo. Il vicedirettore di Europolitiche Alessandro Mauriello ha voluto dialogare su tale percorso con Andrea De Maria, gia' amministratore locale e Dirigente del Pd nazionale. Onorevole, cominciamo con il chiederle ma davvero gli obiettivi Agenda 2030 possono cambiare il socialismo europeo?
Ringrazio la Fondazione Buozzi per aver organizzato questa occasione di confronto consentendoci di riflettere su un tema importante e delicato come quello del rapporto tra Agenda 2030, ruolo della politica e campo progressista. Partirei dalla considerazione che l’Agenda degli obiettivi per il 2030 è di fatto un progetto riformatore, o comunque promotore di una visione riformista e che in Italia si riconosce nei valori della Costituzione, nel quale il campo progressista non fatica a identificarsi. Da quell’Agenda impariamo che oggi più che mai è necessaria una politica globale. Si esce dagli anni ‘80, dalle idee neoliberiste dove il mercato si autoregola, dove lo stato si ritira, dove la società è solo una funzione dell’individuo, si esce da quella visione con più politica e più dimensione globale: la crisi del 2008 ha dimostrato che il mercato non si governa da solo, serve una guida politica e questa non può che essere globale. E dopo quella crisi, la stagione della pandemia ci ripropone questo tema in modo più evidente: la risposta alle crisi del XXI secolo non può che essere sovranazionale.
Come superiamo la crisi sanitaria?
Lo smarrimento provocato dal Covid si supera solo se la soluzione va oltre i nostri confini statuali, solo se l’affrontiamo in tutto il mondo con gli stessi strumenti. La prova più evidente è la diffusione dei vaccini: solo se riusciremo a garantirli a tutti, potremo essere al sicuro. E questo ce lo dice anche l’Agenda 2030 che è poi una grande agenda dei diritti: salute, appunto, poi ambiente, parità di genere, lavoro. Ora il punto è capire se e quali soggetti posso portare avanti questo programma, partendo dalla prima e più grave considerazione cioè la crisi e le difficoltà dell’Organizzazione delle Nazioni Unite. Una debolezza che di fatto chiama in causa, nel senso che chiede di divenire protagonista del cambiamento in primis l’Unione Europea che nei suoi principi e nelle sue politiche già condivide quegli obiettivi. C’è voluta la pandemia per dare una svolta all’Europa, per far nascere un vero governo multilaterale. Questa volta la UE non si è comportata come nel 2008 – penso al trattamento riservato alla Grecia – ma ha messo in campo un progetto di altissimo profilo che si è concretizzato con Next Generation Ue. Ora bisogna farlo vivere, indicando una strategia ampia e inclusiva. E’ una stagione che mette alla prova le forze progressiste e non a caso nei paesi dove si è andati al voto quelle forze hanno avuto consensi importanti.
La sfida ovviamente è anche in Italia: come facciamo vivere gli obiettivi nel Pnrr? Come usiamo quelle risorse per un’impronta progressista da dare al paese?
Ecco la nostra sfida: rafforzare politiche che tengano insieme grandi obiettivi globali e far uscire il paese dalla crisi generata dalla pandemia. Un ruolo importante lo svolgeranno le istituzioni di prossimità a cominciare da Comuni e Regioni.
E i corpi intermedi onorevole che ruolo avranno?
Infine dobbiamo cogliere l’occasione per una riflessione sul ruolo e il protagonismo dei grandi soggetti sociali a partire dai partiti politici come elementi di tenuta della comunità. E pensare come costruire famiglie comuni fuori dai confini nazionali. Penso alla prospettiva di un partito socialista europeo, con politiche e progetti condivisi e dove nel congresso votino gli iscritti.
Non nascondo le preoccupazioni sulla debolezza dei soggetti che dovrebbero sovrintendere e realizzare i grandi progetti di cambiamento dei prossimi anni. È proprio lì che dobbiamo concentrare i nostri sforzi. Anche occasioni come questo seminario di oggi risultano importantissime. Un caro saluto.
Alessandro Mauriello @europolitiche