Primi ministri e governi europei hanno commentato con favore nei giorni scorsi lo scongiurato fallimento di Credit Suisse che avrebbe creato intralci di non poco conto alla stabilizzazione dei quadri macroeconomici nazionali nell'anno che dovrebbe aver lasciato alle spalle gli effetti recessivi della pandemia. Riflettori puntati nelle capitali europee, dopo lo scampato pericolo proveniente dalla Svizzera, sulle dichiarazioni provenienti dai vertici della Banca centrale europea. La politica moacroprudenziale e monetaria di Francoforte ha infatti notevole impatto sulle strategie da approntare riguardo i debiti pubblici, sulle quali si sta costruendo, con complessi negoziati, un nuovo quadro generale di governance in vista del ripristino del Patto di Stabilità, dopo tre anni di sopensione, auspicabilmente riformato nel corso della primavera in corso.
Con le crisi in atto e quelle paventate nei sistemi creditizi di Usa e Svizzera, sui media sono rimbalzate con maggiore spazio le accorte dichiarazioni del capo della vigilanza della Bce Andrea Enria in audizione alla commissione Econ del Parlamento europeo. Enria ha significativamente dichiarato: "Le turbolenze del mercato innescate dal fallimento delle banche statunitensi sono state ulteriormente aggravate dal significativo calo dei corsi azionari e dall'impennata degli spread dei credit default swap registrati da Credit Suisse la scorsa settimana. Sebbene le banche dell'area dell'euro abbiano assistito a un calo dei corsi azionari, le loro posizioni di finanziamento e di liquidità non ne hanno sostanzialmente risentito, riflettendo la perdurante resilienza del settore".
La presidente della Bce, Christine Lagarde, in occasione di un discorso pubblico, il primo dopo il salvataggio del Credit Suisse, non si è presa nessun impegno su rialzi o uno stop dei tassi, ora al 3,5 %, e ha dichiarato che “a fronte di shock nuovi e sovrapposti, affrontare l’incertezza è al momento la nostra unica scelta”.
Significativo l'intervento del capo economista Lane, che il 22 marzo, ha accennato al fatto che il rischio di una crisi bancaria sembra essersi ridimensionato. Nel consueto confrtonto tra rigoristi ed espansivi, il numero uno della Bundesbank Nagel ha prospettato altri rialzi dicendo che il lavoro non è finito. Di diverso avviso è apparso il governatore di Banca d'Italia Visco che ha auspicato una politica monetaria "molto prudente", visto l'alto grado di incertezza economica.
Da Francoforte a Bruxelles si registra ovviamente una grande attenzione per le decisioni della Federal Reserve, con un sistema creditizio statunitense in forte tensione dopo le crisi bancarie dei giorni scorsi. Il ciclo di rialzi della Federal Reserve intanto potrebbe rallentare dopo il mini-rialzo dei tassi dello 0,25 del 22 marzo, primo atto rilevante dopo gli impegni operativi invalsi a causa dei due clamorosi fallimenti di Silicon Valley Bank e First National.
Antonio De Chiara@europolitiche.it