EU/IN - Serbia: amid growing public discontent over the handling of the Novi Sad railway station tragedy that killed 15 people, Milos Vucevic announced on Tuesday that he was stepping down as prime minister.
The Novi Sad collapse has ignited long-standing anger across Serbia over the autocratic grip on power. The real target is the overbearing nationalists of the long-ruling Serbian Progressive Party. More than the resigning Vucevic, the opposition is aiming to undermine President Vucic, the real political strongman in Serbia. The students have received diplomatic and cautious support from the European Commission. Brussels believes Vucic's closeness to the Russians is the cause of instability in the heart of the Western Balkans.
IT - Le proteste degli studenti in Serbia hanno portato alle dimissioni del primo ministro Vučević nel corso della mattinata del 28 gennaio.
Le manifestazioni sono da mesi indirizzate contro il Partito progressista serbo (Sns), al potere da dodici anni, con la guida e la supervisione di Alexsandar Vučić, Presidente della Serbia dal maggio 2017 e uomo forte del Paese balcanico da ancor prima. L'ascesa al governo di Miloss Vučević data 21 marzo 2024, con la promozione da ministro della difesa della premier Ana Brnabić, che l'aveva preceduto alla guida del governo dal giugno 2017.
La decisione è giunta dopo un nuovo episodio di violenza contro gli studenti a Novi Sad, da dove sono cominciate le proteste dopo che lo scorso primo novembre 2024 il crollo di una pensilina alla stazione ferroviaria ha provocato ben 15 morti. I giovani sono stati violentemente attaccati da un gruppo di facinorosi riconducibili al partito di governo, come rappresaglia per graffiti e scritte contro gli uffici del partito di Vučić e Vučević. All'impressionante moto di piazza che ne è seguito il premier ha prima accusato d'ingerenza non precisate potenze occidentali dal Forum di Davos e poi ha finito per rassegnare le dimissioni. Vučić ha ora trenta giorni per decidere se incaricare un nuovo esecutivo o indire elezioni lampo, che potrebbero rendere più contendibile il governo a Belgrado dopo anni di egemonia dei nazionalisti, non di rado filo-russi.
Le reazioni a Bruxelles..
Un appoggio diplomatico e cauto è giunto agli studenti dalla Commissione europea che ha associato le proteste in Serbia a democratiche forme di “partecipazione dei cittadini” in un Paese, peraltro, candidato all'adesione all'UE.
Il processo di adesione della Serbia all'Unione europea è iniziato con la firma il 29 aprile 2008 in Lussemburgo dell'accordo di stabilizzazione e associazione (ASA) con l'Unione europea a seguito dei negoziati iniziati il 10 ottobre 2005. L'ASA è entrato in vigore il primo settembre 2013. Belgrado ha chiesto di aderire all'UE nel dicembre del 2009. Il Consiglio europeo ha concesso lo status ufficiale di Paese candidato il 1º marzo 2012 con l'avvio ufficiale dei negoziati il 21 gennaio 2014.
Nel 2024 non è stato aperto nessun nuovo capitolo negoziale tra Ue e Serbia e l’atteggiamento di Vučić verso Putin imbarazza la Commissione. Per il momento Belgrado non ha dimostrato coerenza nell’attuazione delle riforme indicate da Bruxelles e la comunicazione del Governo sui rapporti con l’Unione europea sono stati quantomeno ambigui. Stato di diritto, rispetto dei diritti fondamentali, libertà di espressione e libertà dei media restano i problemi principali ma il vero elefante nella stanza è rappresentato dalle relazioni con il Kosovo. Il futuro dei due Paesi passa da un percorso di normalizzazione delle relazioni che, al contrario, negli ultimi due anni sono ulteriormente peggiorate. Il combinato disposto di tutte queste criticità rende la Serbia, tra i candidati all'adesione, il Paese più lontano dall’Unione europea.
Staff @europolitiche.it