Da settimane è nelle librerie un altro prezioso saggio del filosofo coreano naturalizzato tedesco Byung-Chul Han attorno al tema della speranza e dell’angoscia che contraddistinguono i nostri tempi. La sua è una disamina filosofica attraverso gli autori principali che hanno contribuito a dare corpo a questi concetti nel corso della storia. In uno scenario apocalittico dominato da pandemia, guerre mondiali e catastrofi climatiche, l’autore ci guida in un’immersione positiva che non giunge per forza a un pensiero ottimista ma offre argomentazioni critiche per un’analisi concreta del presente. Ci troviamo infatti in una situazione in cui la crisi veste molteplici facce e il vivere acquisisce spesso i toni di un sopravvivere. Angoscia e risentimento spingono le persone tra le braccia delle destre populiste e alimentano l’odio. La solidarietà, l’amicizia e l’empatia subiscono un’erosione e si innesca un processo di regressione della società mettendo in pericolo la democrazia. L’angoscia è uno strumento di dominio molto diffuso. Le persone non si sentono più in grado di esprimere liberamente la propria opinione. Persino il coraggio di pensare sembra essersi smarrito. Dove domina l’angoscia nessuna libertà è possibile. Angoscia e libertà si escludono a vicenda. Di contro solo la speranza ci apre all’altro, ci mette in cammino. Può dare senso e orientamento. Da sottolineare il passaggio che senza speranza non c’è rivoluzione. Ci può essere o meno trascendenza ma non c’è spazio per il futuro, per la nascita del nuovo, dimensione auspicata con coraggio. Il termine angoscia deriva dall’antico tedesco “angust” che significa originariamente strettezza. Chi prova angoscia si sente spinto in una strettoia. La speranza, anche su un piano linguistico, è la controfigura dell’angoscia. Nel dizionario etimologico alla voce “sperare” troviamo “si cerca, sporgendosi in avanti, di vedere più lontano, con più accuratezza”. Talvolta la speranza più intima si risveglia proprio nel cuore della disperazione più assoluta. La speranza si presenta come un movimento di ricerca, verso il nuovo, verso il sentiero non ancora battuto. Il regime neoliberale è un regime dell’angoscia. Esso isola le persone rendendole imprenditrici di loro stesse. Il ripiegamento narcisistico su di sé produce solitudine e angoscia e la comunicazione digitale rende ancora più acuta la solitudine delle persone. L’essere in relazione viene sostituito dall’avere dei contatti. La speranza invece è una figura antagonista dell’angoscia, una disposizione emotiva a essa contrapposta nella misura in cui essa non isola ma genera legami e crea uno spazio sociale. E’ necessaria dunque una nuova politica della speranza. Essa è il fermento della rivoluzione, il fermento del nuovo.
Lettura avvincente che tira su il morale in questi tempi bui in cui arroganza e prepotenza sembrano avere la meglio. “Io spero in te per noi” dice Gabriel Marcel, sottolineando l’importanza di un recupero di una dimensione di condivisione collettiva. Motto che faccio mio. Lettura consigliata.
Giusy Rossi @europolitiche.it