EN - France gears up for most consequential election in decades
IT- La Francia va alle urne. A Parigi il dibattito civile è roboante e chiama a raccolta le diverse sensibilità di tutta Europa sulla società francese e le sue élites politiche come comunità di destino centrale nell'Unione. Il sistema istituzionale sostanzialmente ereditato da un leader cesarista come De Gaulle mostra in questi giorni la sua crisi. Trasmette poco all'effettualità di governo di un grande Paese, l'espressione delle reali forze in campo, perpetuando leadership presidenziali che la maggioranza dei cittadini, in tempi “veloci” come questo, non sentono più come guida. Non sono fattori di secondaria importanza in una democrazia. Il presidenzialismo ha fatto il suo tempo o meglio l'era della connessione digitale di cittadini e informazione, anche politica, non è più tempo per uomini soli al comando. Per cui sistemi istituzionali che cristallizzano equilibri di potere per anni sono il contrario della stabilità e disaffezionano. Detto questo, e a danni già fatti, le elezioni politiche in Francia fotograferanno la società francese con una istantanea che occuperà intere pagine nell'album di famiglia europeo.
Il centrismo cesarista è sotto attacco. Inverato in questi anni nel partito di Macron raccoglierebbe nei sondaggi a stento il 20 per cento dell'elettorato. Incombe una forte onda sovranista, che assume con il lepenismo una sua originale forma, con previsioni su punti percentuali oltre il 30 per cento. A fronteggiarlo un Fronte Popolare gauchista che quel 30 per cento lo sfiorerebbe, ad essere ottimisti. Cosa ne sarà della Francia? Il primo luglio e forse, più compiutamente, all'indomani del 7 luglio, il grande Paese fondatore dell'Unione come si presenterà all'intera opinione pubblica europea? Non è escluso che si affermi una leadership di destra che dovrà, ennesimo caso, fare i conti con dinamiche economiche illusoriamente determinabili in un piccolo Paese a livello globale. Per non parlare delle complesse relazioni intraeuropee che gestite con piglio nazionalista potrebbero avvelenare i pozzi di una responsabilità condivisa con la vicina Germania. Nel caso l'8 luglio il Paese scelga forze che indicano nella coesione sociale, la strada per costruire una Francia più keynesiana e meno gollista, si potrà percorrere con minori ostracismi nell'Unione, la strada tracciata, nella storia recente, a Parigi da Mitterand e a Bruxelles da Delors.
Una lettura semplificatrice si potrà obiettare, esposta alle critiche, sempre vivaci e a volte davvero bizzarre, di chi nega che ci sia un confronto reale e dinamico nelle logiche bipolari delle dialettiche democratiche. Il partito catch all di Macron è stavolta schiacciato da queste due forze reali nel Paese, non più comprimibili nel sistema istituzionale machiavellicamente congegnato a suo uso e consumo da De Gaulle nel lontano 1958, sfruttando la crisi della quarta repubblica per creare una quinta, fondato su un Governo in cui la figura del presidente avesse molti più poteri delle rispettive controparti nelle altre democrazie parlamentari europee. Che questo sia stato un bene o un male, declinando al passato e al presente i suoi effetti, saranno le prossime settimane in Francia a farcelo capire.
Antonio De Chiara @europolitiche.it